Firenze30

Cosa dicono i numeri

Nel decennio compreso fra il 2010 e il 2019, nel solo territorio del Comune di Bologna, ci sono stati 194 morti e oltre 26.000 feriti, per una media che sfiora i 20 morti e 2600 feriti all’anno. Questi numeri fanno ancora più impressione se allarghiamo lo sguardo a tutto il territorio della Città Metropolitana, 737 e 54.000 feriti in 10 anni.

Quanto alla tipologia delle vittime, il segnale è chiaro: sono gli utenti deboli della strada a pagare il prezzo più alto, soprattutto in termini di mortalità. La loro intrinseca fragilità li porta ad essere i più esposti a conseguenze tragiche in caso di incidente. Nel decennio 2010-2019 i pedoni sono risultati feriti nell’11/12% degli incidenti complessivi, ma ben il 34% dei morti totali è pedone: 66 su 194. A seguire i ciclisti, con 30 morti.

Ed è proprio sull’utenza più debole che le città30 hanno da subito i migliori risultati: a Helsinki s’è passati dai 30 pedoni morti l’anno degli Anni Novanta ai 7 dopo l’introduzione di varie zone30, fino agli 0 (!) del 2019, quando tutta la città è diventata 30. A Grenoble dopo 3 anni di città30 hanno registrato un -22%, mentre a Bruxelles nei primi mesi di città30 s’è registrato un -50% di morti e feriti gravi. A Graz -24% sin dal primo anno e addirittura -90% di bambini vittime di incidenti davanti alle scuole. Questi sono risultati veri, concreti, ottenuti rapidamente. Possiamo permetterci di fare finta di nulla per solleticare la pancia di qualcuno?

30logna è un concetto di città che ha come primo obiettivo quello di ridurre drasticamente l’incidentalità urbana e la gravità delle conseguenze degli incidenti. Non è difficile capire che, evitando i picchi di velocità, sia più facile arrestare i veicoli in tempo per evitare collisioni. E, naturalmente, l’impatto con un veicolo che viaggia più lentamente è meno dannoso rispetto allo scontro con un’auto che viaggia più spedita.

Vediamo qualche dato scientifico, tenendo bene a mente che NON ESISTONO dati scientifici che confutino quelli che vi presentiamo. Ovvero, non ci sono argomenti a favore della città50, né dal punto di vista della sicurezza stradale, né dal punto di vista dell’inquinamento acustico o ambientale

Lo spazio d’arresto e il campo visivo

 

In caso di frenata di emergenza – ammesso e non concesso che l’autista riesca ad avere ottimi riflessi e l’aderenza sia ottimale – una macchina che viaggia a 30 km/h si ferma in 13,3 metri, mentre una che viaggia a 50 km/h impiega il doppio (27,7 m), il che significa aumentare enormemente le possibilità di collisione. Senza considerare che a 30 si ha una visuale decisamente più ampia della strada, il che permette di evitare molti pericoli con l’utenza debole.

Meno inquinamento e meno rumore

La città30 presenta dei vantaggi anche dal punto di vista dell’inquinamento, sia acustico che dell’aria. Il rumore percepito arriva ad abbassarsi anche della metà (!) in una città30, con un calo di rumorosità compreso fra i 2 e i 4 dB: significa notti più serene, più sicurezza percepita e meno stress per chi è in strada.
Interessanti anche i numeri legati alla riduzione di inquinanti nell’aria, che indicano la tendenza ad un calo anche in doppia cifra per CO2 e polveri sottili. I dati relativi ai vantaggi ambientali devono ancora essere consolidati (sono più frammentati e difficili da raccogliere), anche se quelli disponibili non lasciano dubbi anche su quest’effetto virtuoso della città30. Non male per una città come Bologna, dove gli sforamenti ai limiti dello smog sono all’ordine del giorno.

Le conseguenze dell’impatto

In caso di incidente all’aumentare la velocità del veicolo aumenta anche il rischio di conseguenze gravissime o fatali per le persone coinvolte. Se infatti a 30km/h un pedone investito subisce un impatto similare a quello che soffrirebbe al cadere dal primo piano di un palazzo, a 50 km/h è come cadere dal terzo piano e a 70 km/h è come cadere dal sesto piano. Tradotto: un pedone colpito a 30 km/h ha il 90/95% di possibilità di sopravvivere all’urto, mentre se viene colpito a 50km/h ne ha solo il 50% (secondo uno studio australiano addirittura solo il 15%…)

I tempi di percorrenza

La prima, automatica, reazione all’idea di abbassare il limite di velocità è quella di pensare che ci si impiegherà molto più tempo a spostarsi in città: NON E’ VERO. I dati dimostrano che i tempi di percorrenza non si allungano in maniera significativa e, anzi, a volte si accorciano addirittura. I motivi sono molteplici: in primo luogo, il concetto stesso di velocità di punta non ha nulla a che fare con la velocità media, che in una città50 raramente arriva a 20 km/h. Abbassare le velocità di punta non significa, quindi, inficiare la media in quanto nella città30 il traffico è più fluido e – grazie anche ai piccoli lavori di adeguamento delle strade e a una corretta temporizzazione semaforica – ci sono meno stop&go. Una città più vivibile, serena e sicura, inoltre, favorisce l’efficienza dei mezzi pubblici e invoglia i cittadini a spostarsi a piedi o in bicicletta. Più pedoni e più ciclisti significano anche meno automobili sulle strade. Nel complesso, lo ribadiamo, con la città30 non c’è perdita di tempo e si assiste addirittura alla riduzione delle code.

Bruxelles